Chi subisce la seduzione delle città fluviali, sa bene che quei giochi di pietra intessuti d’ acqua, rappresentano l’omaggio perenne alla saggezza del vecchio Eraclito. ”Tutto scorre”.
Eppure, stranamente, in qualunque città di fiume, il fluire dell’acqua pare finisca per pagare, in un modo o nell’altro, dazio alla memoria.
Affacciati alla spalletta di un ponte anonimo o di uno famosissimo, ciascuno di noi potrebbe sussurrarsi: “un tempo credevo che l’acqua fosse venuta per prima, ma se la si ascolta attentamente, ci si rende conto che sotto ci sono le parole… l’acqua scorre sopra le parole”.
Una suggestione che giunge, inconsapevole, da un piccolo capolavoro della letteratura americana del novecento. Suggestione, ispirata ai fiumi selvaggi del lontano Montana, ma che non smarrisce un briciolo del suo senso anche lungo le sponde di un gigante d’acqua del vecchio continente come l’Elba.
Siamo nel tratto in cui attraversa la Sassonia tedesca e lambisce quella perla barocca di pietra arenaria che risponde al nome di Dresda.
Qui non s’intende dare conto del perché, nel mondo, vi sia stato un tempo in cui Dresda era indicata come la Firenze tedesca.
Qui, più dimessamente, si desidera celebrare il miracolo di una tenacia unica, capace di contendere alla divorante devastazione del fuoco e delle esplosioni anche la singola pietra, anche il più piccolo lacerto di stucco.
Sono trascorsi 67 anni dai terribili bombardamenti del febbraio del 1945 che rasero al suolo il settanta per cento della vecchia città.
Chi, tra giugno e settembre di quest’anno, volesse raccogliere il nostro invito, potrà toccare con mano il miracolo commovente di una ricostruzione felicemente ultimata.
Tutto lo splendore barocco di un seicento remoto, restituito con filologica dedizione.
Andate ad centro della Piazza del Teatro e guardatevi attorno. Cercate, in ciascuna delle bellezze architettoniche che vi verranno incontro lungo la vostra esplorazione, le tracce della ricostruzione.
Non trovarle, sarà un’esperienza che non coinvolgerà solo gli occhi.
Dopo lo Zwinger, proseguite verso il Castello e dirigete, poi, i vostri passi verso la terrazza di Bruhl per guardare dall’alto la valle dell’Elba.
Perdetevi nelle viuzze della città vecchia o lungo i viali dei caffe e dei ritrovi sul lungofiume nel profumo di un tramonto mentre il profilo della città imbrunisce e provate a chiedervi: che anno è?
Fate, se volete, una puntata alla ” Pfund’s Molkererei” e vi imbatterete nella più decadente, e nel contempo affascinante, delle latterie del mondo con tutte le sue pareti completamente ricoperte di ceramica.
Procedete alla ricerca di un mistero cromatico, cercando un ponte pitturato di verde che è diventato blu.
Spostatevi dal quartiere di Loschwitz a quello di Oberloschwitz utilizzando la più antica tranvia pensile d’Europa, progettata con i suoi 33 piloni in acciaio nel 1891 ed ancora perfettamente funzionante.
E quando vi sembrerà, sbagliando, che tutto ciò che c’era da scoprire in Dresda sia stato scoperto, allora prendete un battello della efficiente flottiglia che risale l’Elba in lungo e in largo e stupite per la bellezza di un paesaggio screziato dai verdi di una natura impensata e dalle delizie residenziali che vi si celano.
In un raggio di sessanta chilometri potrete imbattervi in Castelli sontuosi come quelli di Moritzburg e Pilnitz, scoprire cittadine incantate come la splendida Meissen, famosa per le sue porcellane, o Gorlitz.
Potete optare per le Terme di Bad Schandau o per il parco dei dinosauri di Bautzen.
Potete fare questo e molto altro ancora, ma ciò che non potrete assolutamente ignorare saranno i ”pinnacoli di Bastei” con la loro ardita sentieristica a strapiombo sulla vallata e sul fiume.
Potrete, infine, spingervi fino a Radebeul solo per scoprire che da li si dipana l’intrigante ‘strada dei vini di Sassonia‘, regno incontrastato dei celebratissimi vitigni bianchi del Riesling e del Muller Thurgau.
Forse queste poche note sono bastevoli ad accendere una curiosità, ma siamo consapevoli che, eccezion fatta per Berlino, Monaco e poco altro, la Germania non esercita, presso il turista italiano, lo stesso richiamo di altri paesi europei.
Sarà lo stigma da Sturmtruppen che ancora ci impedisce di considerare le bellezze di quel grande paese una meta possibile? Oppure sarà’ la nostra congenita intolleranza linguistica che fa risuonare nel nostro orecchio latino anche la parola ”amore”, pronunciata in tedesco, alla stregua di una minaccia? Forse sì, forse no.
Forse, si tratta solo di un pregiudizio freddo che sarebbe ora di sciogliere alla luce di troppe bellezze che fino ad oggi ci siamo precluse.
Come ? Semplicemente, andando a conoscerle.