Quando si dice il caso… Perché, in fondo, a Camino è così che ci sono capitata, prendendo la macchina e decidendo di fermarmi quando e dove mi sarebbe andato più a genio, senza una meta prefissata, pensando di fare una Pasqua “on the road” e macinare chilometri, ma ho scoperto che tutto sommato, il paese delle meraviglie, non era poi troppo lontano da casa.
Così arrivo in Monferrato convinta di dovermi arrampicare giù per l’Italia e inchiodo dopo nemmeno 30 chilometri di fronte alla parola castello e mi dico: “Perché no??“.
Così accetto di lasciarmi distrarre dal mio proposito, da una direzione precisa, il castello, e da uno scopo, visitarlo.
“Dopotutto” mi dico, “Quanto ci metterò a vederlo?“. Beata ignoranza!!!
Sarà stata la guida che, pur essendo volontaria, ha una passione autentica (come biasimarla?!?); saranno stati quei luoghi congelati nel tempo, fatti di stanze intime e grandiose, oscure e piene di storia, così ben conservati da impedirti di capire “chi”, “dove” e “quando” ti trovi; gira e rigira, il Castello di Camino me lo gusto pezzo per pezzo, ogni mobile, quadro, vetrata e affresco, leggo gli stemmi dei casati nel corridoio delle mogli, guardo il Monferrato squarciare lentamente il sudario di nebbia che lo avvolge dal terrazzo vicino al ponte levatoio e poi scendo a esplorare il parco, decisa a perdermici il più a lungo possibile.
Quando finalmente torno verso l’entrata della proprietà, guardo l’orologio e scopro che “dall’ora di colazione sono quasi saltata all’ora di cena“.
Incontro la guida, Emanuela, che mi sorride. Non è solo un sorriso di cortesia, ma un sorriso complice, da anima stregata ad anima stregata: ricordando a quanto aveva accennato durante la visita riguardo una foresteria annessa al castello, le chiedo se ci si può cenare; lei mi dice che è un bed & breakfast e il mio sorriso si allarga a dismisura, come quello dello Stregatto.
Forse è da folli pagare per una camera d’albergo quando sei a mezz’ora dal letto di casa tua, o forse non sapete cosa vi state perdendo.
La foresteria è calda e luminosa, accogliente, restaurata da poco e senza denaturarne la naturale rusticità.
Nella sala comune così come lungo i corridoi trovo ad aspettarmi il Monferrato, i cui colori sono imprigionati in splendide immagini che, appese ai muri, danno l’impressione di tante piccole finestre sulle meraviglie del luogo.
Prendo la chiave della mia stanza e salgo per darmi una rinfrescata, fermamente intenzionata a passare un po’ di tempo in paese prima di cena.
La mia stanza è confortevole, arredata con gusto e tinta di colori morbidi, intima a tal punto da farmi venir voglia di avere un fidanzato per il puro gusto di rapirlo e portarlo lì per una piccola fuga romantica, circondati solo da storia, natura e silenzio.
Invece mi gusto la solitudine che mi permette di giovare della vasca da bagno in santa pace, immergendomi in acqua calda e schiuma fino ad avere il cuore leggero e soddisfatto; quando esco mi acciambello felice fra le lenzuola per un sonnellino che, a dispetto di ogni mia intenzione, si protrae fino al giorno dopo.
Al mio risveglio mi aspetta una mattina pallida ma con un sole che ha voglia di sorridere, in fondo è Pasqua anche per lui, così mi preparo e scendo in fretta, perché dopo i digiuni del giorno prima, il mio stomaco comincia a farsi troppe domande.
Sulla colazione della Foresteria dovrei aprire un post a parte, sui deliziosi biscotti di riso (siamo pur sempre vicini a Vercelli!), i muffin belli e mostruosamente buoni, il plumcake pesca e cioccolata che, lo sento, porterò sui fianchi per il resto della mia vita, finché morte non ci separi.
Ho mangiato così bene che ho mangiato oltre misura, accidenti a loro, e invece del pranzo, di pasquale ho fatto la colazione.
Alla reception trovo Emanuela, oltre a essere guida volontaria del castello è anche responsabile alla foresteria e si vede, perché la passione è la stessa e la ritrovi proprio nei dettagli. Mentre faccio il check-out scambiamo due chiacchiere, mi parla dei dintorni, mi dà due dritte sui posti e mi dice che, secondo lei, con tutto quello che c’è da vedere non uscirò nemmeno dalla provincia.
“Tsé” dico fra me e me, “Non mi conosce bene…”
Mentre raccolgo armi e bagagli pronta a ripartire, altri ospiti escono dalla sala ristorante dichiarandosi pronti a fare la loro visita al Castello di Camino.
Emanuela mi chiede se voglio unirmi a loro per un altro giro.
La guardo per un attimo, incerta, poi appoggio il mio borsone a terra.
Forse, dopotutto, quella donna mi conosce benissimo.
CAMINO il mio viaggio on the road
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