Non una guida turistica, non una semplice raccolta di racconti di viaggio. Quello curato da Mariangela Giusti è un libro che raccoglie le varie sfumature emozionali e gli aspetti sociologici di diverse esperienze in giro per il mondo
Ti racconto il viaggio (e quello che ho imparato) di Mariangela Giusti è un libro, o meglio una raccolta di racconti, che merita di essere letto, e per tanti motivi. È uno di quegli esempi in cui leggere è istruttivo ma è anche fonte di arricchimento umano e culturale.
Sono stati spesi infiniti aggettivi per descrivere un viaggio; poeti e narratori ne hanno fornito la propria visione più o meno aulica e basta entrare in un social per vedere replicate numerose frasi ad effetto. Nulla, tuttavia, è sufficiente a ricostruire pienamente l’universo esperienziale collegato a qualsiasi spostamento geografico.
La verità, infatti, è che ciascuno di noi ha il proprio punto di osservazione sul viaggio e il racconto che può proporne è solo uno dei tanti possibili. La stessa memoria personale, inoltre, riguarda molti aspetti e sensazioni. Proprio da queste considerazioni è nata l’idea della raccolta di Mariangela Giusti, edita da Franco Angeli.
Ti racconto il viaggio (e quello che ho imparato)
“Ti racconto il viaggio (e quello che ho imparato)” non è una guida turistica con mappe, indicazioni da seguire, percorsi chilometrici, punti di ristoro e ostelli anche se lo diventa in maniera indiretta.
Il libro, nato “dal silenzio del lockdown”, come lo definisce l’autrice, è una raccolta di saggi redatti da diverse persone che rivelano esperienze e cambiamenti interiori determinati dai loro viaggi di lavoro o di piacere.
Viaggio deriva dal latino viaticum e significa “tutto ciò che serve per viaggiare” e quindi è come se avessimo già tutto a disposizione prima di partire, abbiamo solo il compito di raccoglierlo.
«Ciò che conta è preparare con cura e sincerità il viatico, non smettere mai di fare e di disfare il nostro bagaglio interiore. Sapere dove si vuole arrivare prima di partire. Anche e soprattutto quando si viaggia da fermi».
Così dichiara Marco Dallari in uno dei molti saggi proposti a firme diverse, dove il senso del viaggio è affrontato come esperienza di formazione, di misura con se stessi, di conoscenza.
Il libro è anche la dimostrazione della interdisciplinarietà di un viaggio sia perchè riassume azioni e operazioni di vario genere, sia perchè i narratori offrono un ampio spettro di motivazioini alla base della partenza, oltre che portare su carta la propria vita e la propria professione (pedagogia, estetica, storia, antropologia, geografia, psicologia, narrativa).
Chiunque si può sentire coinvolto da queste pagine perché condivide un determinato interesse o lavoro o semplicemente perchè può essere incuriosito da altre modalità di osservare il mondo e le persone. Non di rado, si potrebbe ritrovare in un cammino percorso in prima persona.
Tanti ed eterogenei i luoghi visitati e descritti, lontani geograficamente e per tipologia di spunti offerti. Si va dalla Pianura Padana con il torrente Samoggia a Milano, da Genova ai villaggi rurali indiani, da Cuba al Cammino di Santiago e così via, per offrire una variegata prospettiva sociologica e interculturale.
Chiudiamo con una considerazione interessante contenuta nelle pagine del libro ossia che ciò che riusciamo a conoscere dopo un viaggio è il punto di arrivo di un percorso che non termina ma prosegue passo per passo, descrizione per descrizione.