Agli occhi del deficiente il giorno si presentò con una luce oltraggiosa.
Il Mistral, durante la notte, aveva svolto con diligenza le sue incombenze spazzine tanto che non avrebbe proprio saputo dire in quale pattumiera fosse finito quell’oceano screziato di nuvole del giorno precedente.
In quindici giorni non era caduta una sola goccia di pioggia, ma Arles, al risveglio, pareva tirata a lucido come in un giorno d’inaugurazione.
Ogni distanza pareva accorciarsi in un gioco per gli occhi che rifletteva solo carambole di colore. Forse era anche un po’ colpa di De Andrè se aveva preso a fantasticare intorno a quel posto ed alla voglia di perdersi, almeno una volta nella vita, nella più rinomata festa dei gitani di Francia.
La festa di Sara la Nera, protettrice di tutti randagi.
La Camarga, al modo occitano, apparteneva all’acqua molto più di quanto avesse ipotizzato.
Arrivandoci alla guida di un’auto a noleggio, rammentò che da qualche parte aveva letto che c’era stato un tempo in cui i governi assoluti d’Europa avevano percepito paludi e acquitrini come “naturalmente sediziosi”.
Una sorta di colpevolissima offesa allo spirito dei tempi dell’ordine, che rifiutava di rendersi leggibile e misurabile sulle mappe.
Un’anomalia di acque infide e terre incerte, celate da canneti ed erbe insolenti, che contrariava le loro ansie di controllo.
Eppure, per quanti sforzi facesse, non riusciva a ricomprendere fenicotteri rosa e cavalli bianchi in nessuna categoria di pericolo per se o per un qualsivoglia Stato.
In fondo, si consolò, se non hanno mai bonificato questa lingua di terra, è probabile che essa abbia smesso da tempo di essere un acquitrino sedizioso.
A Sainte Marie sur Mer, lo sapeva bene, avrebbe dovuto arrivarci nell’ultima settimana di uno dei suoi tanti maggio e non in quell’agosto siccitoso.
Ciò che scopriva, girovagando per le viuzze, lo deluse come può deludere solo qualcosa per troppo tempo intensamente ed insensatamente immaginato.
Ma, una Licola in terra de France, non era proprio nelle attese.
Casette basse e bianche affacciate un po’ disordinatamente sul mare e tutt’intorno un sovrappiù di trascuratezza nei dettagli cui l’altra Provenza lo aveva velocemente disabituato.
Bevve una birra al banco di un baretto insulso e lo sguardo gli cadde su un manifesto pubblicitario attaccato ad una bacheca sul cui bordo un ragno stava dando prova di se.
Fortuna che al porticciolo era in partenza un battello per la risalita del piccolo Rodano.
Lo attendevano meno di dieci minuti di mal di mare, prima del premio delle acque languide del fiume.
Alle prime avvisaglie di onde alte, oltre la diga foranea, tutti i passeggeri si erano rifugiati sulle poltroncine interne.
Per parte sua, aveva preferito restare sul piccolo ponte a prendersi gli schizzi di salsedine fingendo di non sentire il saliscendi dello scafo.
La donna, forse per lo stesso motivo, si era accomodata sulla panca di fronte tirando su la lampo del suo keeway.
Aveva lineamenti che parevano venuti fuori da un ritratto del livornese Modì.
Quando decise di averne abbastanza di spruzzi, gli sorrise.
Un sorriso di commiato, senza compassione o complicità.
Solo allora scoprì che le mancava un incisivo.
La grazia di quell’imperfezione, era certo, a Modigliani sarebbe piaciuta.